Marzo 29, 2024

Gustav Klimt – Bacio a cura di Alessio Fucile Storico Dell’Arte

Ti presento il celebre «Bacio» di Gustav Klimt, del 1907, conservato nell’Österreichische Galerie Belvedere di Vienna: ogni giorno, questo quadro è meta di centinaia di turisti desiderosi di contemplare quello che è considerato il manifesto dell’Arte secessionista viennese.

Innumerevoli sono le persone che considerano la vita monotona e noiosa perché manca in loro la vitalità e il profondo desiderio di sentirsi vivi: ogni giorno è solo un altro giorno che deve passare e che non dona una soddisfazione profonda a livello umano.

Sentirsi annoiati quando si ha un’occupazione è un sintomo inquietante di questo malessere spirituale: spesso la paura fa da padrona e fa sentire molti uomini minacciati da ogni parte, a tal punto da spingerli a chiudersi in sé stessi e a non avere relazioni feconde con gli altri.

Più la paura si fa sentire e più l’uomo è tentato a tirarsi indietro e a chiudersi in sé stesso. L’opera di Klimt offre un’ottima medicina a questa fatica esistenziale perché l’artista è riuscito nel difficile tentativo di cogliere l’attimo di pura unione d’amore.

È proprio questa l’idea che si sprigiona dal capolavoro di Klimt: la donna è avvolta dall’abbraccio protettivo del suo compagno che la sta baciando ed ha un volto estatico che rimanda a una dimensione a- temporale ed a-spaziale verso cui i due innamorati sono proiettati, in quanto vivere una storia d’amore di qualsiasi genere significa librarsi verso mete che tra-scendono le nostre stesse attese. I due amanti spiccano al centro uniti in modo da confondere i propri corpi.

Delle due teste, si vede la nuca dell’uomo e il volto della donna che, quasi in un gioco di complementarietà, trasmettono un’intensa pienezza interiore: sono un unico corpo che però non annulla l’identità e la diversità dei due protagonisti, evidenziati dalle diverse forme geometriche che danno corpo ai sontuosi vestiti degli amanti, quadrati e spigolosi per l’uomo, circolari e spiraliformi per la donna.

Anche le mani esprimono la loro peculiarità e diversità: quelle dell’uomo sono nodose e affusolate, mentre quelle della fanciulla hanno una lucentezza diafana.

La scena è ambientata su un prato ricco di fiori, richiamo all’hortus conclusus che secondo l’iconografia tradizionale indica l’interiorità personale: i due amanti permettono all’altro di entrare nel proprio spazio interiore.

Soltanto quando si trova il coraggio di abbassare le proprie difese e di provare sincera fiducia reciproca tanto da ammettere ciascuno le proprie debolezze e le proprie necessità si può sperimentare una nuova libertà.

Anche se la fede soprannaturale sembra non centrare nulla con quest’opera, mi piace ricordare che Dio ha scelto la via della debolezza per entrare in relazione con l’uomo: la grande notizia del Vangelo è proprio che Dio si è fatto piccolo e vulnerabile e che da quella condizione è riuscito a portare frutto.

La sua è stata una vita feconda perché ha scelto a non aggrapparsi al suo potere divino facendosi in tutto simile agli uomini: è venuto come un bambino piccolo, bisognoso di cure e dell’assistenza di altri; ha vissuto come un predicatore povero e privo di qualsiasi potere politico, economico o militare; è morto sulla croce come un criminale qualsiasi.

Eppure, nella sua estrema vulnerabilità ha ottenuto e dato senso e speranza alla vita di milioni di persone nel corso della storia: il frutto di questa esperienza, fallimento all’occhio umano, è la vita eterna per tutti coloro che credono in lui.

Molta sofferenza è causata dal timore di ammettere i propri limiti e di chiedere perdono, ma molte persone sono state trasformate dal coraggio che hanno avuto nel confessare le proprie colpe o le proprie omissioni e hanno così scoperto che, invece di perdere un amico, ne hanno guadagnato uno.

Questo, a mio avviso, rappresenta la fascia dorata che circonda le due figure: è il richiamo al trascendente superamento di qualsiasi conflitto nella ricerca della unione ideale.

Grazie per la tua attenzione.