Aprile 20, 2024

Annibale Carracci – Cristo e la Samaritana a cura di Alessio Fucile Storico dell’Arte

Ti presento «Cristo e la Samaritana» di Annibale Carracci, opera risalente al 1594-95 e conservata nella Pinacoteca di Brera di Milano. In quest’opera, il pittore bolognese Annibale Carracci traduce in immagine il celebre episodio raccontato nel Vangelo di San Giovanni che narra dell’incontro di Gesù con una donna di Samaria presso il pozzo di Sichar: la scena si svolge in campagna, nel podere che il patriarca Giacobbe aveva donato al prediletto figlio Giuseppe.

Tra Giudei, popolo a cui appartiene Gesù, e Samaritani non correva buon sangue, anzi vi era un’accesa rivalità politica e religiosa.

Al centro si vede il pozzo dove avviene l’incontro e il successivo dialogo tra Gesù e la donna. Innanzitutto, il Vangelo registra l’ora insolita che la Samaritana sceglie per andare ad attingere acqua, ovvero «verso mezzogiorno»: conducendo una vita ambigua e licenziosa, non vuole essere vista per non essere giudicata dalle altre donne che di solito andavano al pozzo all’imbrunire. Giunta sul luogo incontra Gesù che, «stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo».

Questi non ha paura di mostrare il suo bisogno e la sua debolezza, e rivolgendosi alla donna le chiede da bere; la Samaritana, infatti, ha un secchio che nell’opera del Carracci si vede adagiato con la corda srotolata per terra.

La domanda spiazza la Samaritana, consapevole delle regole sociali del suo tempo: era strano che un uomo si fermasse a parlare con una donna, tanto più essendo un rabbi, e per giunta giudeo. L’orcio tra la Samaritana e Gesù ricorda che il dialogo si svolge sul tema della sete fisica e spirituale.

La giovane donna cerca inizialmente di tenere testa a Gesù ma a un certo punto è vinta dalla sua eloquenza e dalle sue affermazioni che dimostrano una conoscenza profonda che va oltre le maschere che lei nel tempo aveva imparato a indossare: gli occhi chiusi della donna rivelano il profondo sconcerto che le parole di Gesù le provocano dentro.

Questi la incalza e cerca di far emergere in lei la vera sete, nascosta nel profondo del suo cuore, per la quale è necessaria un’altra acqua per dissetarla.

Gesù prova ad aiutarla perché faccia sempre più verità su se stessa e prenda coscienza sul disordine che vive: cerca disperatamente affetto nelle relazioni con gli uomini ma andando incontro solo a delusioni e frustrazioni.

Gesù infine si rivela come il Messia atteso, l’unico in grado di darle l’acqua che la disseti veramente e che colmi i suoi vuoti esistenziali.

La Samaritana è simbolo dell’umanità assetata che spesso passa da un pozzo all’altro in una corsa tumultuosa nella vana speranza di saziare i propri bisogni.

I pozzi che non dissetano sono spesso il desiderio di possedere molte cose e di fare molte esperienze, cercare impressioni sempre nuove, il piacere e l’utile immediato, tutto e subito. Il risultato potrebbe essere di correre senza una meta, di riempirsi di cose che risultano lasciare un vuoto ancora più grande, di non perseguire ciò che veramente potrebbe fare felici e potrebbe realizzare.

Il gesto di Gesù dipinto dal Carracci è duplice: con la mano destra al petto indica se stresso come il Messia, con la sinistra indica la città di Sichar, per inviare la Samaritana a diffondere la notizia dell’incontro.

Com’è caratteristico dell’arte accademica e del Classicismo, Annibale Carracci segue accuratamente il testo del Vangelo: sullo sfondo infatti rappresenta cinque apostoli che tornano dopo aver comprato il cibo per il pranzo mentre discutono tra loro, sorpresi dal trovare Gesù che discute con una donna e per giunta samaritana; si nota l’evangelista Giovanni che porta del pane in una sporta di tela rossa. Mentre Gesù è tutto proiettato nella realizzazione della volontà di Dio, che in questo momento consiste nell’aiutare la donna a dare senso e uno scopo alla sua vita, i discepoli sono interessati a soddisfare i loro bisogni materiali e quasi si indispongono con Gesù che li proietta invece su un’altra dimensione: «Il mio cibo è fare la volontà del Padre».

La Samaritana è rappresentata in movimento, lascia la brocca dell’acqua e sta per correre verso la città per raccontare l’esperienza che ha avuto: questa donna diviene così modello di ogni esperienza di fede che non è altro che un incontro personale con Gesù.

Il racconto si esplica come una storia di amore in cui Gesù vuole condurre la donna a riconoscere il suo dono e l’amore che ha per lei. Lo sposo in viaggio viene da lontano per incontrare la sua sposa. Gesù non è lì per denunciare la sua condotta immorale, ma per farle comprendere che niente può soddisfare il suo desiderio e la sua sete infinita se non lui solo.

Alessio Fucile Storico dell’Arte